sabato 23 maggio 2009

Di fronte al cambiamento culturale in atto anche in Italia e agli scenari diffusi della cosiddetta “modernità liquida” (Zygmunt Bauman), nella quale “modelli e configurazioni non sono più ‘dati’, e tanto meno ‘assiomatici’”, in quanto “ce ne sono semplicemente troppi, in contrasto tra loro” (ib.), appare sempre più necessario far risuonare il “kérygma” (primo annuncio), centro e cuore del messaggio cristiano, e non dare per scontata la trasmissione della fede.

L’urgenza del “primo annuncio” è stata più volte sottolineata nei documenti della Cei di questi anni. Ad esempio, citiamo i documenti Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (2001), n. 57, e Il volto missionario delle Parrocchie in un mondo che cambia (2003), n. 6. e poi le tre Note del Consiglio Permanente dedicate all’iniziazione cristiana (1997; 1999; 2003), e il testo della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, l’Annuncio e la Catechesi, Questa è la nostra fede. Nota pastorale sul primo annuncio del Vangelo (2005), su finalità, contenuto, linguaggi, soggetto e metodo del primo annuncio.

Il capitolo terzo di questa Nota offre anche un’esemplificazione del primo annuncio della fede. Così, il kérygma appare ancor più attuale se si guarda al contesto immediato, caratterizzato dalla sfida del pluralismo religioso in aumento nel Paese, dalla crescita dell’indifferenza e di una certa ostilità antireligiosa (si pensi ai recenti “pamphlets” di apologia dell’ateismo), dalle domande diffuse dei non credenti in ricerca.

Nella stessa comunità ecclesiale aumenta la consapevolezza che la Chiesa tanto più e meglio evangelizza, quanto più si lascia continuamente evangelizzare. È di fronte a questo quadro che la Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, nell’attuale quinquennio ha lavorato a questa Lettera ai cercatori di Dio, intesa come un sussidio offerto a chiunque voglia farne oggetto di lettura personale e come un punto di partenza per dialoghi destinati al primo annuncio, all’interno di un itinerario che possa introdurre all’esperienza della vita cristiana nella Chiesa.

Il Consiglio Episcopale Permanente ne ha approvato all’unanimità la pubblicazione nella sessione del 22-25 settembre 2008 ed sarà presentata a tutti i Vescovi italiani nell’Assemblea di fine Maggio 2009. Frutto di un lavoro collegiale che ha coinvolto – oltre che vescovi – teologi, filosofi, pastoralisti, catecheti ed esperti di scienze umane e di comunicazione, la Lettera si rivolge ai “cercatori di Dio”, a tutti coloro, cioè, che cercano il volto del Dio vivente.

Lo sono i credenti, che crescono nella conoscenza della fede proprio a partire da domande sempre nuove, e quanti - pur non credendo - avvertono la profondità degli interrogativi su Dio e sulle cose ultime. La Lettera vorrebbe suscitare attenzione e interesse anche in chi non si sente in ricerca, nel pieno rispetto della coscienza di ciascuno, con amicizia e simpatia verso tutti.

L’auspicio è che questo testo - anche per il suo stile colloquiale e il linguaggio semplice e diretto - possa avere una diffusione ampia, sostenuta dall’impegno di evangelizzazione delle Diocesi e delle aggregazioni ecclesiali, oltre che dei singoli pastori, dei catechisti, dei docenti di religione e di quanti desiderano conoscere e far conoscere il messaggio cristiano.

Il testo ha un impianto “fondamentale”, parte cioè da alcune domande diffuse, per poi proporre l’annuncio della fede e rispondere alla richiesta: dove e come incontrare il Dio di Gesù Cristo? Esso non intende dire tutto: vuole piuttosto suggerire, evocare, attrarre a un successivo approfondimento.

Si tratta di un invito a riflettere insieme sulle domande che ci uniscono (parte I); di una testimonianza, tesa a rendere ragione della speranza che è in noi (parte II); di una proposta fatta a chi cerca la via di un incontro possibile con il Dio di Gesù Cristo (parte III).

Ne emerge il volto di una Chiesa amica, che si fa vicina alle domande del cuore, come a quelle del tempo, dialoga con chi è in ricerca e si propone di “rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in noi... con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza”, a partire dalla adorazione del Signore Gesù nei nostri cuori (1Pt 3,15-16).

Lo Spirito del Risorto, esegeta del Verbo nel cammino della Sua Chiesa, renda feconda questa Lettera nel cuore di quanti potranno in qualunque modo utilizzarla.

Bruno Forte, Arcivescovo

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