martedì 19 maggio 2009

Viaggiatore e pellegrino: il Papa in Terra Santa


“Pellegrinaggio in Terra Santa” è definito nei documenti ufficiali della Santa Sede, pellegrinaggio è per le disposizioni interiori vissute da papa Benedetto e che traspaiono più volte e in più modi dai suoi atteggiamenti e dalle sue parole. Ma il pellegrinaggio avviene sotto gli occhi di tutto il mondo, è stato preparato e concordato nei minimi particolari, prevede incontri tra autorità e istituzioni, saluti, discorsi.

È un viaggio. Un viaggio apostolico, certo, nel quale il Padre va a visitare i suoi figli. È, soprattutto, un viaggio ufficiale – come precisa Benedetto nell’intervista concessa ai giornalisti – che compie “non come individuo ma in nome della Chiesa cattolica”.

Questa duplice dimensione, profondamente personale e manifestamente istituzionale, segnano radicalmente il senso di questo viaggio, ci danno una chiave di lettura delle azioni e delle parole del Santo Padre.

Le azioni non sono platealmente comunicative o incisive, piuttosto sottolineano lo stile di un’intera esistenza, segnata dalla riflessione piuttosto che dall’azione, dall’apprendimento e dall’insegnamento piuttosto che dalla comunicazione. I suoi gesti non sono teatrali, ma piuttosto espressivi di una verità e di una coerenza interiori. Questo appare ancora più chiaramente dalle sue parole: più che ascoltarle nel contesto scenografico del viaggio, bisogna leggerle con calma.

I discorsi sono semplici, i concetti sono limpidi e senza tortuosità o virtuosismi di lingua o di pensiero. Scorrono con chiarezza e armoniosa sequenzialità. Il viaggio è segnato dal tema della pace.

Ma sentiamo la viva voce del pontefice: «Noi non siamo un potere politico, ma una forza spirituale e questa forza spirituale è una realtà che può contribuire ai progressi nel processo di pace. Vedo tre livelli. Il primo: da credenti, siamo convinti che la preghiera sia una vera forza: apre il mondo a Dio. Siamo convinti che Dio ascolti e che possa agire nella storia. Penso che se milioni di persone, di credenti, pregano, è realmente una forza che influisce e può contribuire ad andare avanti con la pace.

Il secondo livello: noi cerchiamo di aiutare nella formazione delle coscienze. La coscienza è la capacità dell’uomo di percepire la verità, ma questa capacità è spesso ostacolata da interessi particolari. E liberare da questi interessi, aprire maggiormente alla verità, ai veri valori è un impegno grande: è un compito della Chiesa aiutare a conoscere i veri criteri, i valori veri, e a liberarci da interessi particolari.

E così – terzo livello – parliamo anche – è proprio così! – alla ragione: proprio perché non siamo parte politica, possiamo forse più facilmente, anche alla luce della fede, vedere i veri criteri, aiutare nel capire quanto contribuisca alla pace e parlare alla ragione, appoggiare le posizioni realmente ragionevoli. E questo lo abbiamo già fatto e vogliamo farlo anche adesso e in futuro».

Domande? Dubbi? Altri temi riemergono: la radice unica che accomuna cristiani ed ebrei (il bisogno di imparare gli uni dagli altri), il dialogo interreligioso con islam e ebraismo, il senso della presenza dei cristiani nel Medio Oriente e il loro ruolo nel contribuire alla crescita della comunità, la libertà religiosa, la dignità dell’uomo e della donna, il rapporto fede e ragione, la scienza che ha bisogno di un surplus di sapienza.

«L’uso della conoscenza scientifica abbisogna della luce orientatrice della sapienza etica», e, ancora prima aveva detto: «Quando promuoviamo l’educazione proclamiamo la nostra fiducia nel dono della libertà».

Bonifacio Mariani

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