sabato 23 maggio 2009

Sette modi per dire "amore": i giovani con padre Bruno per il dialogo della fede


L’appuntamento per il dialogo sull’amore con padre Bruno a Fossacesia ore 17.00 di domenica 17 maggio scorso. All’inizio solo pochi ragazzi: sembrava che l’incontro fosse stato dimenticato anche perché di solito i ritardatari sono altri. Invece, questa volta mancava proprio l’arcivescovo che è arrivato un po’ più tardi a causa del traffico bloccato per un incidente sull’autostrada. Altri ragazzi hanno avuto problemi a raggiungere la chiesa di San Donato per la concomitanza di una gara ciclistica in corso nella zona. Così, il dialogo è iniziato con diversi minuti di ritardo.

Dopo il saluto di padre Bruno, i presenti sono stati introdotti alla riflessione con l'ascolto di una canzone di Nek “Se non mi ami”, che ha permesso ai giovani di capire che senza amore nessuno è niente mai. Quindi il canto di invocazione allo Spirito Santo e la lettura di alcuni testi per spiegare il magnifico dono dell’amore: all’inzio non c'è nulla; poi, con gratuità assoluta, Dio crea il destinatario del suo amore: quindi l'uomo nasce dall’amore ed è chiamato dall’amore. “Bisogna avere mani aperte – spiega padre Bruno – per ricevere amore”.

E continua: “Amore è fare di tutto perché l’amato cresca e poi sbocci e fiorisca diventando l’uomo che deve essere e non quello che tu vuoi modellare sull’immagine dei tuoi sogni”. Dopo un istante di silenzio e riflessione è stato proclamato il vangelo del comandamento dell’amore; quindi, si è giunti al dialogo.

Emanuele Di Nardo e Ilenia Marcantonio hanno posto, a nome di tutti, le domande a padre Bruno cominciando con la classica “Cos’è, per lei, l’amore?”.

L’arcivescovo per rispondere a questa domanda ha scelto sei giovani e, attraverso di loro, ha stimolato alla comprensione del significato dell'amore. Si è servito di sette modi di dire “amore” nelle lingue ebraica, greca e latina. Sei giovani per sette nomi proprio perché l’ultimo – dilectio – è quello che si deve ritrovare in tutti gli altri!

In ebraico la parola amore si dice ahavah, è l’amore che c’è quando c’è Dio in mezzo, l'amore fra Dio infinitamente grande e l’uomo infinitamente piccolo, infinita distanza che diviene unione di cuore. In greco ci sono tre termini. Il primo è eros, (in italiano la radice costruisce la parola erotismo): è al tempo stesso desiderio ma anche amore che vuole possedere; poi c'è philia, l’amore che stabilisce sintonia, amicizia, è l'amore come confidenza capace di cogliere il dialogo; infine, il termine agape: è l'amore oblativo, che si dona gratuitamente ma che ha in sé la dimensione di lotta (agone ha la stessa radice di agape).

Anche il latino usa tre termini. Il primo è amor (secondo una fantasiosa etimologia a-mors) che è l’amore che non perdona la morte, l’amore che vince la morte; caritas, amore di gratuità, amore di sola andata, che sa suscitare tenerezza, gioia; dilectio, amore puro, gratuito, amore che sa creare legami, l’invisibile che ci affascina.

Dopo la complessa spiegazione, le altre domande. Quali dimensioni della persona umana coinvolge l’amore? Padre Bruno ha risposto dicendo: “Tutte, nessuna esclusa”. Ed elencando i 5 sensi ha continuato: “La vista, in quanto l’amore rende capaci di vedere anche l’invisibile; l’udito in quanto è dolce ascoltare la parola amore: il gusto, perché l’amore; ha un buon sapore; gli odori, i profumi sono un segnale, ma l'amore è il buon profumo dell'altro; il tatto, quel toccare (la carezza, il bacio, la stretta di mano...) per sentirne la presenza.

E ha concluso ricordando che “l’amore esige intelligenza in quanto bisogna capire l’altro, sono coinvolti anche il cuore, il sentimento, la passione, anche l'eros deve essere integrato e sublimato dall’amore”.

Altra domanda: il più grande bene è la vita; oggi però siamo accecati da un grande egoismo tanto da arrivare anche a togliere la vita dell’altro o a fare del male. Cosa abbiamo perso? L’arcivescovo ha spiegato che in questo modo si perde la persona stessa, perché l’amore è eterno.

Da ultimo, citando Raoul Follereau che disse: “Vi lascio in eredità il bene che io non ho fatto…”, è stato chiesto al presule quali motivi spingono a fare scelte di volontariato e come fare a capire il vero bene dell’altro? L’arcivescovo ha risposto che il volontariato è tale se è ispirato dalla gratuità (nel senso che si preoccupa innanzitutto di donare) e non ha come suo principale scopo la propria gratificazione.

Al termine del dialogo, i giovani hanno ascoltato l’ultimo messaggio di mons. Tonino Bello ai suoi preti in occasione della Pasqua 1993. L’incontro è terminato con la benedizione e i saluti di padre Bruno e un arrivederci al 30 maggio per il pellegrinaggio Pollutri-Casalbordino e al 2 giugno per la conclusione dell'Agorà dei giovani a San Gabriele.

Monica Di Blasio ed Emanuele Sabatini

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